Le Nebbie #38

   Perché tutti i poeti, gli scrittori, i filosofi, i pittori e i pensatori apprezzano, in modo particolare, la foschia e la nebbia, l’autunno, l’inverno? Perché, in generale, le persone ma, soprattutto le donne, amano il cielo limpido e sereno, il sole, la giornata limpida e chiara, i colori vividi? Quando nel Vol.2 Della Coscienza, “Quali Sono Le Porte”, abbiamo visto i capitoli “Realtà = Metafora?” e “Realtà = Metafora? 2”, ci siamo resi conto di come il mondo percepito, quello che ci circonda e pure quello che ci è dentro (in vero una sola entità), siano fluttuanti, mobili, malleabili, soggetti al nostro impatto, a ciò che noi siamo, alla nostra consapevolezza. Maggiore e più elevata è la consapevolezza e più sottile è la coscienza, più elevata e preziosa, sarà la realtà.

   Nei poeti e in tutti gli animi sensibili, questa modalità, è oramai scontata; nelle persone comuni, invece, non lo è per nulla. Per le donne, in generale, che notoriamente tendono ad essere differenti per struttura mentale, la realtà è molto più stabile. Non che lo sia effettivamente, ma esse, come la gente comune, riescono a creare strutture mentali tali da compensare il continuo mutamento della realtà. Fatto ciò, esse non vedono grandi variazioni. Cercano, sempre, in pratica, di ottenere continuità, sicurezza, durabilità, certezza, riconoscibilità, chiarezza, tangibilità e nitidezza di percezione. Tutti sinonimi di “stabilità”. Stabilità della realtà. C’è, in questa differenziazione di comportamento, fra uomo e donna, una radice arcaica ed ancestrale. La figura maschile ha, inscritta al suo interno, la funzione di ricerca di un luogo sicuro cui condurre la femmina. La figura femminile, porta, inscritta in sé, la funzione di analisi della sicurezza del luogo presentato dal maschio. Così, se l’uomo percorre lande desolate, cammina nel vento freddo, percorre strade sconosciute, cerca il cammino fra le nebbie, lo fa solo per trovare un rifugio ove ripararsi assieme alla sua compagna. Quest’ultima, lo segue fino a che crede nelle sue capacità o fino a che non riconosce un luogo propizio dove fermarsi. Inutile sottolineare ancora che, questi due segni arcaici di “mascolino” e “femminino”, fanno, entrambi, parte di tutti gli esseri, uomini e donne. Tuttavia, in taluni prevale il primo ed in talaltri prevale il secondo.

   Nei filosofi e nei cercatori, come nei pensatori, negli eremiti e nei poeti, il segno arcaico del mascolino è preponderante. Per loro, la realtà è mutevole, da esplorare, da indagare nel profondo, cercandone ogni aspetto nascosto, mettendone in evidenza il carattere mutevole e transitorio. Per loro, la realtà, non è che un solo aspetto del Tutto, non è che l’indice puntato verso l’Essenza delle cose. Per gli uomini e le donne comuni, invece, la realtà, è un appiglio e un salvagente, è un gancio, una mano tesa durante la tempesta della vita. La materialità della realtà è ciò che unicamente essi vogliono, temono ciò che non lo è, rifuggono da tutto ciò che non ha tangibilità attraverso i sensi comuni, sono spaventati e impauriti da ogni cosa che sfugga alla loro percezione, al punto da negarne coscientemente l’esistenza. In loro, come è chiaro, prevale il segno arcaico femminino, quello passivo, quello della paziente attesa, della fiducia, della sicurezza, del conosciuto e del condiviso da molti.

   Abbiamo iniziato l’articolo col titolo “Le Nebbie”, proprio per evidenziarne la contrapposizione psicologica con la limpidezza e col cielo sereno. La foschia pervade ogni cosa, ovunque. Rende tutto meno importante, meno percettibile, meno violento e, al contempo, lascia spazio alla ricerca, alla percezione di qualcos’altro. E’ come un po’ di silenzio in mezzo al frastuono, ti dà modo di ascoltare il canto del grillo. Chi, invece, non conosce altro dalla materialità, nella foschia è solo disorientato e perso, senza più riferimenti, non desidera che uscirne al più presto, ne è angosciato, sente di perdere se stesso e tutto il suo mondo, ha paura. Inutile dire che “le nebbie”, le possiamo anche associare alla malinconia, alla solitudine, alla riflessione, in alcuni casi alla tristezza ma, pur sempre, le nebbie, sono un momento di crisi. Sappiamo, oramai molto bene, che ogni crisi è un momento di grande creatività, di scoperta di trasformazione: la crisi porta il nuovo. Ecco perché è tenuta così in pregio dai filosofi e dai cercatori. Diceva Lao-Tzu: “Conosci il mascolino, ma mantieni il femminino”.

   Senza andare fuori tema, preciso tuttavia, che ci sono momenti ed aspetti della coscienza separati fra loro: c’è un momento per la Ricerca e per la Scoperta, per l’Attività e c’è un momento per l’Attesa, per la Sensibilità, per la Cedevolezza. In ognuno, si avvicendano a seconda della necessità: il cammino è fatto sempre di molte parti, non è mai esclusivo ma inclusivo. Ogni parte è separata dalle altre mediante un passaggio, alle volte stretto, alle volte vasto ma è sempre una Porta, è ciò che ci separa, ogni volta, dal passo successivo.

11/dic/2018       Claudio Panicali


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