Introduzione alla Ricerca Interiore:

  In questo spazio e mi piace molto chiamarlo "spazio", introdurremo l'argomento della coscienza, della consapevolezza, della percezione, quindi di mondi e dimensioni altre. E' un percorso spirituale di ricerca interiore. Ho voluto una "introduzione" a questi argomenti in quanto si tratta di una materia molto cara a tantissime persone, ma anche molto complessa, pur nella sua immediatezza intuitiva. Molti, infatti, percepiscono spesso il bisogno di trovare e toccare qualcosa che intuiscono celarsi dietro l'apparenza e la quotidianità delle cose della vita, ma trovano anche molta difficoltà nel capire di cosa si tratti esattamente: tutti si scontrano continuamente con la pesante  materialità delle cose; infatti, alle volte, questo bisogno, somiglia più ad una nebbiosa malinconia che ad una chira necessità. Qualcuno percepisce un vuoto interno, come una mancanza, qualcun altro sente un'urgenza interiore, come una domanda persistente, un'irrequietezza interiore. Molti testi in circolazione sono troppo specifici, troppo tecnici e riservati agli addetti ai lavori. Così, con la massima semplicità possibile, vedremo come portare luce nelle zone oscure della coscienza, fino a scoprire l'origine dell’esistenza e a placare la sete del cuore, dello spirito.

  Non sembri ardito: in vero noi stessi esploriamo l'universo ogni volta che ci mettiamo in discussione, ogni volta che non accettiamo le cose per "come si è sempre fatto". L'origine delle cose, lo spazio astrale, la meditazione, l'illuminazione, il satori, o se vogliamo il paradiso, sono una beatitudine, un’estasi, mistica e un atman che tutti vorrebbero sperimentare almeno una volta nella vita, anche senza necessariamente dover prima morire. Parleremo di amore, anima, spirito, essenza, oltre la vita e oltre la morte: oltre le cose del mondo, di là dal mondo e dal tempo.

  L'emancipazione dell'essere umano è l'argomento centrale di questa ricerca interiore.

   Buddha, come Gesù, seppe indicare con chiarezza il cammino spirituale. Ogni santo di qualsivoglia religione (e non) ha seguito lo stessa via interiore, anche nello zen; si tratta di uno spazio mistico che finisce per divenire realtà, non più illusoria, non più apparenza ma grazie all'intuizione, diviene realtà sostanziale e tangibile. Entriamo in contatto con entità quali i mondi e le dimensioni parallele, con l'unità, con un percorso spirituale, una via, il tao, la realizzazione, il superamento dell’eterna dualità, la cosmologia, il terzo occhio e una nuova era.

   Credo d'aver dato un buon indirizzo a questo "spazio". Ora, vediamo se riusciamo a entrarvi. "O eravamo già dentro e non lo sapevamo?!" C'è bisogno di un po' di luce; eppure non è uno spazio oscuro, al contrario. Evidentemente, abbiamo qualche benda sugli occhi, e anche dietro agli occhi, per usare una metafora.

  Cominciamo dal principio: perché dovresti prenderti la briga di leggere un libro così "complicato"? Forse fuori c'è il sole e sarebbe bello farsi una passeggiata. Sicuramente è meglio! Se quando torni dalla passeggiata hai ancora tempo, sarebbe eccellente che ti chiedessi cosa sono quei momenti così "misteriosi" nei quali fissi il vuoto dietro i vetri della tua finestra e vorresti non essere lì ma lontano, non sai dove, ma non lì.

   Tutti abbiamo di questi momenti o li abbiamo avuti in passato; qualcuno si affretta a riempire tali momenti di vuoto con un cellulare, altri con la televisione, altri ancora con un hobby o con le parole crociate. Ma perché abbiamo l'abitudine a riempire accanitamente ogni momento? Forse che non sopportiamo di stare un po' con noi stessi? Qualcuno dirà "A fare cosa?" Ecco, proprio questo è il punto: siamo talmente presi dal fare, fare, fare, che quando siamo con noi stessi non sappiamo cosa farci. Direi: "Ad osservare la pace", per esempio, ad ammirare la natura del giardino, o se siamo in città, a contemplare i nostri vasi fioriti sulla finestra, tanto per dirne un paio.

  Bastano pochi minuti per far ciò, anche se l'essenziale è altro: piuttosto "vedere l'abitudine" è importante. L'abitudine è pensiero che si ripete all'infinito, di qui ecco la noia; l'abitudine uccide la creatività soffocandola col pensiero ripetitivo, di qui ecco la stanchezza mentale; il pensiero non è la soluzione ai nostri problemi, ma è il Problema.

   Se quando sei dietro ai vetri della tua finestra non vaghi col pensiero puoi vedere realmente ciò che c'è al di là: se la veduta è grigia e squallida, esci, fai due passi, carezza un micio, incontra qualcuno, scambia due parole gentili; l'importante è non rimanere apatici a cullarsi nei pensieri ripetitivi.

   Qualunque cosa tu faccia in quel momento per scrollarti di lì è buona, basta che tu sia presente a te stesso/a: ti dirò, in questa collana di libri, non si parla di esercizi da fare e di discipline da praticare, nemmeno devi scrivere alcunché su un quaderno; tutto quello che dovrai fare è riconoscere il momento in cui i pensieri arrivano, furtivi, inutili, ripetitivi, figli di uno stanco passato che non c'è più, profeti di un effimero futuro senza realtà che non esiste da nessuna parte se non nella tua mente.

  La mente ha la sua funzione ben precisa e fondamentale, ma non deve in alcun modo ossessionarci con i pensieri. Se vogliamo, il pensiero è classificabile come un vero e proprio disturbo, una inutile dispersione d'energia, un freno a mano tirato quando invece potremmo evolverci a grande velocità.

   Si potrebbe obbiettare che pensare e riflettere sulla soluzione tecnica da trovare per costruire un ponte più efficiente di quello attuale, è una attività assolutamente necessaria. Ma come tutti i creativi e gli artisti e gli ingegneri sanno bene, continuare a rimuginare sul problema non porta una soluzione valida, ne porta, invece molte e tutte senza valore di efficienza, spazzatura, insomma. Invece loro sanno bene che sviscerato quale sia il problema, si chiude e si va a casa; si fa una doccia, si cena e ci si dorme sopra tutta la notte. Molto probabilmente, al mattino la soluzione sarà lì, pronta, come una lampadina accesa nella testa.

   E' servito il pensiero per trovare la soluzione? No, è bastato non farvi ricorso, è bastato guardarlo arrivare e non dargli nessuna importanza. Passare oltre, passare oltre e passare oltre, ogni volta che arriva. Questo si dice "essere presenti a se stessi", è estremamente importante.

  Come dicevo non ci sono in questi libri esercizi cui dedicarsi nè noiose pratiche, solamente "presenza" e di nuovo presenza; leggeremo come si verificano le condizioni in cui perdiamo il controllo e non sembriamo nemmeno più noi stessi, vedremo come anticipare quelle condizioni; leggeremo cioè come vedere ciò che sta per accadere in anticipo, vedremo che si può cambiare il corso di certe condizioni sgradevoli o violente nel momento in cui si verificano, così da smascherarle e renderle innocue.

   Riusciremo a fare in modo che simili cose non si ripetano più perché saremo migliori. Ad esempio, il pensiero arriva perché lo cerchiamo, perché crediamo erroneamente di averne bisogno. Dobbiamo solo indagare e capire perché ci è d'intralcio nel nostro miglioramento, perché anziché aiutarci ci consuma tutta l'energia, ci deprime, ci annoia, ci ossessiona, ci appesantisce, ci infastidisce e ci ruba tutte le forze lasciandoci inermi e incapaci di reagire.

   Cosa agisce al posto del pensiero? Chi ha questo potere? Come ci si arriva nella vita comune? E ad una vita speciale e fuori dal comune come si arriva? Tutto questo è proprio la  ricerca interiore, è un cammino spirituale. L'evoluzione dello spirito umano passa proprio per queste porte, col cuore, conl'intuito; questi ci faranno da guida: nessuna domanda rimarrà inevasa, è una promessa.

  

  
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