Grandezza e Immensità #30

   Nella vita di tutti ci sono momenti in cui cerchiamo qualcosa di grande, ci sono anche momenti grandi che, invece, colgono noi di sorpresa. Spesso, quasi sempre, confondiamo e ci accontentiamo della grandezza al posto dell’Immensità. Capita a tutti di essere in vacanza e sentirsi sorpresi dalla grandezza e dalla bellezza di luoghi geografici, di paesaggi inusuali e scene mozzafiato. Tuttavia, è un ben poco compenso, rispetto al desiderio interiore che abbiamo tutti, sempre inappagato, di trovare l’Immensità. E’ un desiderio che risiede in ognuno di noi da sempre, per nascita, per costituzione; tutti abbiamo dentro l’omerico spirito di Ulisse. Alle volte siamo troppo umili o modesti per riconoscerlo in noi stessi, più spesso non crediamo di meritarlo, altre volte ne abbiamo semplicemente paura: la grandezza non è l’Immensità!

   Mi sono trovato di fronte l’oceano agitato che si scaglia contro scogliere alte duecento metri a picco sul mare. Lì, dove solo i gabbiani osavano battere le ali, scagliati da correnti impetuose, a urlare la vita al cielo, a fare casa dove nemmeno l’acqua riesce a sostare. Eppure, la grandezza della scena, pur riempiendo gli occhi oltremodo, non era in grado di eguagliare ciò che vidi il pomeriggio seguente, in un grandissimo giardino di piante secolari: passeggiavo fra collinette erbose e  fiori d’ogni genere. Improvvisamente mi sentii osservato, mi voltai e vidi davanti a me un albero possente, mi guardava, mi disse di saper parlare, mi commossi. Così mi avvicinai, posi rispettosamente una mano sulla sua corteccia e a lui piacque, allora posi l’altra e lui ne fu contento, infine poggiai la fronte e lui parlò a lungo.

   Quel che disse era Immenso, non grande, ma Immenso. Non esistono parole per esprimere ciò che disse, ne’ immagini che io stesso possa visualizzare nel pensiero, nella mente. Durò qualche secondo, ma fu eterno. Solo il cuore ha udito. So che è così. Lo so perché … dove non si viene e non si va, quando finite sono le parole e le immagini, quando finito è il tempo, come già scrissi, respiro l’Eterno e l’Eterno respira me. Seguì la sera e seguì la notte. Sognai della scogliera e sognai dell’albero Maestro. Non posso ricordare le immagini che vidi in sogno, solo l’impressione di un nuovo dialogo, interiore, profondo, color rosa (rosa è il colore onirico dell’amore), nebbie sottili e diradate (simbolo onirico del passaggio a nuova coscienza), niente parole ne’ immagini, delicatezza e forza al contempo, sensazione di corretto cammino.

   Ricordo che mi svegliai subito dopo, che gioii nel constatare che quell’esperienza era vera e che era corretto il senso che ne intuivo. Così ripresi sonno. Quel che dico è solamente la punta dell’iceberg, perché, il lavoro vero, avviene dentro di noi, nel profondo, in silenzio (la nebbia leggera). Il lavoro vero, inizia lì dove comprendiamo che stiamo cercando Immensità (il colore rosa) e non grandezza, soprattutto, quando ne abbiamo coraggio, o ne riconosciamo l’urgenza, la sua importanza nella nostra vita.

24/ago/2108                                                Claudio Panicali


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