Giusto ieri leggevo su un socialnet
la domanda, più che legittima, di una signora che chiedeva: “Si sente molto
parlare di questa meditazione, oggi
giorno, ma quali benefici porta? A cosa serve all’atto pratico, A cosa fa bene?
Forse riduce lo stress o rilassa?”. Rispondendo a questa signora, direi che non
ci si può avvicinare ad una qualsivoglia pratica o disciplina solamente perché oggi se ne parla molto. Forse lei
intendeva dire che ne sente molto parlare e così le si è destato un interesse
formale.
Così, direi che la meditazione semplicemente nasce da una profonda
insoddisfazione dell’essere, da una irrequietezza esistenziale; alla fine, la
meditazione, non è altro che un cercare
se esista ovunque nell’universo una cura a questo malessere; inoltre è un
cercare di risolvere quei due o tre problemini consueti come “che senso ha
questa vita” o “come sono arrivato qui”. L’urgenza imposta da questi
interrogativi e la loro interiore primaria importanza ne fanno un bisogno
vitale di soddisfazione, di conseguimento, di evoluzione.
Chi prova queste
urgenze le percepisce come prioritarie sopra ogni altra, un’autentica questione
di vita o di morte. Questo è Meditazione. Se non si prova dentro un così
impellente bisogno di evoluzione, non si può comprendere completamente e nel
profondo cosa essa sia, rimane una pratica superficiale mirata al rilassamento
o alla riduzione dello stress (lo stress psicologico solamente-quello
esistenziale aumenta in misura diretta). Cos’è lo stress esistenziale?
Non so
se qualcuno ne abbia mai parlato (mi informo), ma bisogna sapere che non vi
sono esseri destinati al progresso interiore ed altri no; siamo tutti
navigatori dello stesso mare e con la medesima rotta, la differenza unica la fa
misura in cui di proposito non ne vogliamo essere consapevoli e ci voltiamo
altrove. Quindi, negare l’inevitabile, come di consueto, genera stress. In
questo caso, volersi negare la vista della propria rotta nell’esistenza è
proprio motivo di stress esistenziale e ciò accade comunque aldilà della nostra
volontà, quasi sempre in modo inconscio.
Aggiungerei anche, in risposta alla signora
che domandava, che interessarsi alla meditazione o a qualsiasi altra disciplina
umanistica, a prescindere dai motivi futili o meno che siano, è sempre un atto
ben compiuto: non esistono motivi futili quando si tratta del proprio
benessere, l’importante è avvicinarsi, seguirsi in quell’interesse, per labile
e flebile che sia, poi ciò di cui necessitiamo arriva da solo, comunque e
sempre: è certamente un seme di
risveglio che ci porta benefici importanti. Ancora due parole le spenderei per
chi ho letto trattare con sufficienza una tale domanda, quasi si facesse
dell’eresia… E’ solo da ringraziare, invece, ognuno che viene e che domanda,
perché anche se lui non lo sa, ha le mani ricolme e in esse porta in dono
diecimila semi di risveglio. Disse Gauthama Buddha: “Ogni essere seduto è già
Buddha”; il senso è proprio questo.
18/mag/2018 Claudio Panicali
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