Le nebbie 2: Paura? Ignoto? #39

   Dalle parole di una lettrice: “C’è nella nebbia qualcosa di tetro di occulto da sempre per questo la nebbia viene rappresentata spesso in scene di film dell'Horror, suppongo e credo che sia per l'incerto ... sappiamo tutti che quello che non conosciamo ci spaventa affrontarlo”. Nel Vol.2 “Della Coscienza”, “Quali Sono Le Porte”, abbiamo visto bene come si individuano i “blocchi mentali”, quegli ostacoli che ci si mettono di traverso sulla strada, proprio sul più bello, come si dice.
   Che cosa voglio dire: in tema specifico di paure, in un bimbo che scruta l’ignoto, c’è stupore, c’è meraviglia, ci sono ardore e interesse crescente, ci sono entusiasmo, scoperta e gioia. Perché, l’adulto, di fronte all’ignoto, è timoroso, trema, fugge? Perché, di fronte alle nebbie, è pavido, angosciato, prova insicurezza e dubbio, repulsione e diffidenza? La differenza, col bimbo di prima, non sta nella “spensieratezza”, quella è solo un sintomo. La differenza sta, invece, nel fatto che il bimbo non ha sovrastrutture mentali. Abbiamo visto bene, anche nel Vol.1 “Della Coscienza”, come le strutture mentali offuschino il pensiero puro. Abbiamo visto bene come riconoscerle e come aggirarle, come difenderci dai loro effetti nocivi, abbiamo visto come renderle inoffensive. La paura ha una sola radice, l’abbiamo affrontato in moltissimi modi, quest’argomento. Sempre, ciò che ne esce è, naturalmente, dove crediamo risieda la nostra identità!
   La radice della paura è solo e soltanto, percezione di pericolo per quello che definiamo la nostra identità: abbiamo paura di perdere ciò che siamo. Quanto più, questo vale, se ci identifichiamo per mezzo di beni materiali e non per mezzo della nostra essenza, della nostra forza spirituale. Forse perché non tutti hanno ancora imparato a percepirla in se stessi. Così si attaccano a ciò che hanno di più prossimo. Da questo “attaccamento” nascono la paura e il dolore della perdita, dall’attaccamento nasce la sofferenza (Gauthama Buddha).

   L’attaccamento è dipendenza, la dipendenza è schiavitù, la schiavitù incatena la creatività e impedisce i movimenti dell’anima. Senza creatività viene a mancare la luce, lo spirito non è più visibile, si finisce per vivere soli, lontano dal calore del cuore, multi fobici e ansiosi. Si vive in una stanza buia con in mano una scatola di fiammiferi, quasi finiti! La porta nemmeno la si vuol cercare, per paura. Angosciati e immobilizzati da ogni cosa che non sia chiara e ben delineata, come la nebbia. Ma, la soluzione a questo tipo di vita, è sempre e solo una: La porta!
   Si sono scritte milioni di pagine e si sono spese miliardi di parole, circa le sovrastrutture mentali che impediscono la nostra serenità: ora c’è un bisogno impellente di parole semplici, chiare ed efficaci. Ora c’è bisogno di soluzioni, non di analisi sterili. C’è bisogno di soluzioni. Basta coi discorsi contorti e cervellotici. Chi sente di vivere a metà ha bisogno solo dell’altra metà, non di qualcuno che gli dica che vive a metà!

12/dic/2018            Claudio Panicali


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