Le Ferite Dell’Anima #66

   Ci sono molti tipi di ferite di cui possiamo portare con noi il ricordo. Alcune ferite le avremo avute nell’infanzia, altre in adolescenza, alcune in età matura. Molte di queste sono superficiali come graffi sulla pelle, fanno parte della vita e dei rapporti sociali. Alcune ferite, in qualunque periodo le abbiamo avute, ci si fermano nei ricordi perché molto profonde, vorremmo liberarci di quei ricordi che chiamiamo “cattivi”, senza riuscirci. Questo tipo di ferite, anche senza elencarle, per delicatezza, sono quelle che, come si dice, "ci hanno segnato per sempre l’esistenza". Così amiamo definirle e ridefinirle ogni volta che con qualcuno le confidiamo.

   E’ un atteggiamento corretto? Siamo sicuri che questi ricordi ci debbano segnare per sempre l’esistenza? Perché diciamo di non poterceli gettare alle spalle e poi facciamo di tutto per rinfrescarne spesso il ricordo? Direi che dovremmo cominciare col vedere come, molto spesso, cerchiamo scuse e capri espiatori alla nostra sofferenza e li cerchiamo fuori di noi, negli altri, nella società, nella violenza umana, nella barbarie della guerra, nell’arroganza, nella sopraffazione.

   Ci dobbiamo accorgere che, in questo modo, non risolviamo il problema, ma lo perpetuiamo: continueremo a rinfrescare il ricordo di una violenza subita ogni volta che vorremo non affrontare il nostro problema, così torneremo a rivivere quel dolore, a essere affranti, ad abbatterci, ad autocommiserarci, a denigrare la specie umana per la sua innata brutalità nei comportamenti sociali. Stiamo intravedendo che il problema non è “altro” da noi? Ci rendiamo conto che una violenza subita ci ha cambiato la vita una volta e noi le permettiamo di farlo in continuazione? Che una violenza ci sconvolga l’esistenza, può accadere, che avvenga in continuazione no, soprattutto se per mano nostra.

   Siamo noi stessi a volerci cullare in quel dolore, prendendolo a giustificazione per la nostra scarsa determinazione a cambiare qualcosa, per pigrizia esistenziale, per debolezza interiore, perché ci lasciamo facilmente ingannare dai media che ci propinano violenze ogni momento del giorno e della notte e noi abbocchiamo, deboli, persuasi che il genere umano sia primitivo e incapace, che meriti il dolore (inconsciamente è ciò che pensiamo di noi stessi). E' proprio una prigione che vogliamo abitare. La verità, in tutto ciò, sta nella nostra debolezza, nella mancanza di determinazione a scuoterci fortemente! Certo, sicuro: è più facile dire “E’ colpa della società”, che dire “Sono io che non ho voglia di scuotermi dal torpore e impegnarmi”! Ecco da dove vengono "le ferite dell’anima”, dal nostro perpetuarne il ricordo e rinfrescarne il dolore. Le ferite profonde, di per se stesse, si rimarginano sempre, da sole, lasciano cicatrici non dolorose, è nella natura, non rimangono mai aperte se non siamo noi a volerlo!

9/nov/2019                                 Claudio Panicali


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