“La Corda” #13

[premessa. La corda, in fin dei conti, è solo un filo che unisce gli estremi di due bracci opposti: l’arco. L’amore, in fin dei conti, è solo un filo che unisce due entità opposte: l’esistenza. Che suono fa la corda?]

Sono stato invitato ad una gara di tiro con l’arco nel contesto dei giochi della gioventù. La gara si è svolta ieri, a Riccione. Io non ho gareggiato, in quanto riservata ai giovanissimi. Quello che ho visto è stato estremamente entusiasmante ed emozionante, profondamente suggestivo.

   C’erano ragazzini alti meno di un metro, c’erano più esperti e anche neofiti dei campi di gara. C’erano archi molto semplici (detti archi scuola) ed archi molto evoluti (archi olimpici). Ho osservato molto gli arcierini, i loro gesti, le loro mani, la schiena, lo sguardo, il loro viso quando, terminata ogni volé di tre frecce, arretrano e si girano verso i rispettivi maestri istruttori. Ho visto arcierini neofiti voltarsi indietro dopo una freccia andata fuori bersaglio ed arcierini più esperti rimanere impassibili ad ogni freccia.

   Ho visto sollevare l’arco e scoccare cercando di colpire il centro del bersaglio ed ho visto altri curare la rilassatezza delle singole dita della mano. Ho visto l’arco afferrato e tenuto stretto come un pugnale ed ho visto un arco lasciato libero di volare via. Devo dire che esistono tantissime analogie fra la vita che viviamo e questa disciplina, in moltissimi aspetti, per non dire sempre: le similitudini sono perfette. Tuttavia, questo accade in tutte le arti e in tutti gli sport, in tutte le attività umane, persino in amore.

   Non è forse vero che un saltatore ad ostacoli, prima d’essere così “efficiente” impara a superare gli ostacoli psicologici che lo impediscono? E che dire del pianoforte? Non parlo di un pianista “bravo”, parlo di un pianista non bravo ma che ti fa piangere: lui non preme sui tasti, ma ti mostra la sua anima e tocca le tue corde. Che dire di Van Gogh? Come lui stesso disse, “Il mio intento è che l’osservatore provi la stessa emozione che io ho provato”. Ad ogni tocco del pennello, poggiava l’emozione sulla tela, ogni pennellata. Ieri, però, ho visto il tiro con l’arco e qualche volta ho avuto anche il privilegio d’ascoltare il suono della corda! Un certo Lee-Chung-Fa (“il piccolo drago”), diceva che quando sferri un colpo (lui era un combattente puro) non devi mirare al punto d’impatto ma un pollice “oltre”.

   Nel tiro con l’arco è la stessa cosa, negli sport, nella musica, in pittura se miri al bersaglio, non otterrai che un foglio di carta bucato (quando va bene). Bisogna assolutamente entrare in un’altra dimensione, dove per ottenere il risultato che desideri, devi mirare molto oltre. Oltre? Più lontano? Dove? Un’altra dimensione significa un altro modo di sentire il mondo! Non qualche centimetro o qualche decina di metri! Quando hai scoccato, l’arco vola via libero, ruota su se stesso e ti viene vicino all’orecchio per farti sentire il suono della corda. Ecco, questo è quanto. Ora puoi riporlo, spegnere le luci ed uscire.  Direte voi. “E il bersaglio? E il punteggio?”.

   State dimenticando che questa è un’altra dimensione del sentire. E’ “molto oltre” il bersaglio. E l’analogia con la vita? E’ presto detto: se ad ogni freccia che va un po’ a destra sposto il mirino un po’ a destra (tecnica) è come spostare il bersaglio un po’ a destra per cercare di fare centro. Forse che nella vita basta spostare l’obiettivo per riuscire in qualunque cosa? Non credo proprio! Se ad ogni freccia guardo dove ho colpito, io passo la vita a spostare me stesso di qua e di là senza capire perché non riesco a trovare un fine, un centro, una meta, un senso a quello che faccio, una risposta. Il motivo? Semplice: sbaglio obiettivo! Se cammino ponendo molta attenzione a dove poso il piede per non inciampare, un piede davanti all’altro, ogni sasso lo evito, mi sposto di lato, un piede dopo l’altro e guardo bene il terreno per stare sicuro cercando di non cadere mai, immancabilmente, finisco nel burrone che non ho visto. Un altro, invece, vede la meta all’orizzonte, inciampa, cade, si rialza, riprende la direzione, finisce nel fiume, lo guada e prosegue, non c’è nessun ostacolo: è il cammino.

   Che cosa significa? Ogni disciplina, dicevamo all’inizio, ogni attività umana è impregnata di questo significato, è similitudine della vita stessa: se ti limiti a vivere, non otterrai che di essere vivo. Se ti limiti a scagliare delle frecce non otterrai che un foglio di carta bucato, se ti limiti a premere i tasti del pianoforte succede la stessa cosa (la gente si addormenta). Qualcuno dirà: ma se io voglio solo imparare a tirare con l’arco e vincere delle medaglie?? Mi spiace per te, ma non ci riuscirai, quanto meno non otterrai che un pezzo di latta rotondo color dell’oro (quando va benino). Invece, domandati perché molti campioni dello sport, come molti artisti, aumentano col tempo la loro saggezza, il loro spessore interiore, la loro profondità, il loro Amore per la vita. Chieditelo seriamente e seriamente impegnati a scoprire che lo sport è, come tutte le discipline e le attività umane, una metafora dell’intera esistenza, dove se non cerchi il tuo “progresso umano”, non ottieni che carta e latta. Bisogna mirare oltre. Ieri ho visto bambini, ma altre volte ho ascoltato il suono della corda e quello era il centro! Ho spento la luce e sono uscito.

27/giu/2018             di Claudio Panicali


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