Chi Sono? #92

«Hai delle referenze da mostrare? Hai fatto degli studi specifici? Puoi illustrare dove ti sei preparato così bene?»

  Qualche giorno fa mi sono state rivolte queste tre domande, allo scopo di corroborare ciò che affermo e per offrire un substrato di “affidabilità” al mio pubblico; ovvero per far conoscere nel dettaglio quale sia stata la mia preparazione specifica in campo spirituale, in campo mistico, nella ricerca interiore, riguardo a certi “passaggi alchemici” che cito spesso; quali siano insomma le basi della mia preparazione “tecnica” in ambito spirituale.

  Capisco bene che se la materia che si sta trattando col proprio pubblico è una di quelle scientifiche, basate su nozionistica e materie derivate, quindi materie logiche, è molto proficuo offrire come referenza la scuola che si è frequentata e il punteggio finale ottenuto (che si parli di materie scientifiche o umanistiche il discorso non cambia). Qualunque sia stata la materia oggetto del nostro studio accademico, fosse anche filosofia o psicologia, ciò che è unicamente rilevante in questo ambito è il fatto che le materie “studiate” non possono essere soggetto di ricerca interiore, non si trovano su un cammino spirituale, mistico [Le nozioni condividono la stessa dimensione terrena dei pensieri e delle parole, delle cose del mondo materiale. Le nozioni sarebbero, nel caso di un proprio cambio di direzione in favore dell’interiorità, da abbandonare totalmente].

   Dal momento che ogni studio che si sia svolto nella vita non attiene alla spiritualità, non alla ricerca interiore, ha ancora senso parlare di “percorsi di studio, di referenze accademiche”? Piuttosto sarebbe corretto ora chiedersi: Perché lo studio e la cultura non hanno rilevanza in campo spirituale? E’ apparentemente semplice: la spiritualità è qualcosa di indicibile, somiglia a una percezione, a un intuito, a qualcosa di così etereo e incorporeo da non essere suscettibile di razionalizzazione, cioè di analisi mentale. Dirò di più: la razionalità è proprio ciò da cui è bene distrarsi, per invece dare attenzione all’intuito, alle percezioni irrazionali, al cuore, come si dice e per capirsi.

   Nella ricerca interiore nulla ha meno senso che dar valore alle nozioni apprese, alla conoscenza, alla cultura. Quali che siano le votazioni ottenute durante gli studi nella nostra vita, quali che siano i riconoscimenti conferitici, la propria spiritualità è totalmente estranea ad essi. Potremmo eufemisticamente vedere la spiritualità rispetto alla conoscenza, come la bella e perfetta circonferenza di un cerchio e la tangente ad essa che parte da un punto sul cerchio e se ne allontana in linea retta sempre più.

   Nella storia umana della spiritualità, quella profonda, quella sacra e slegata da ogni religione o culto, quella libera, la spiritualità intima e profonda, i più grandi mistici erano spesso profondamente ignoranti, alle volte degli analfabeti, dei semplici agricoltori; eppure questa mancanza di cultura e conoscenza non ha assolutamente pregiudicato un percorso mistico che li ha portati alla più alte vette della santità o buddhità o illuminazione che dir si voglia. Altre volte abbiamo udito scienziati rinomati in fama e sapere citare la fede spirituale come unica via di conoscenza vera. Perché accade ciò? Albert Einstein disse: “La religione del futuro, sarà una religione cosmica. Trascenderà il Dio personale e lascerà da parte dogmi e teologia. Abbracciando insieme il naturale e lo spirituale, dovrà essere fondata su un senso religioso che nasce dall’esperienza di tutte le cose, naturali e spirituali come facenti parte di un’unità intelligente".

   Qualche volta ho citato Lao-tze, l’antico saggio taoista, che diceva: “Nella conoscenza ogni giorno si acquista un po’, in questa via ogni giorno si perde un po’, si perde e ancora si perde, finché si arriva all’essenziale”. Forse che dobbiamo diventare tutti degli ignorantoni? No, certo che no. Significa semplicemente avere chiara una direzione cui guardare, o a cosa dare energia e importanza e a cosa non darne più. La mitologia di ogni parte del mondo e in tutti i tempi è ricolma di esempi nei quali il pellegrino della via mistica di ricerca interiore, il viandante si spoglia del proprio mantello, dei propri calzari e dei propri averi per percorrere la via della saggezza. Ebbene questo è proprio il senso or ora esposto: lasciare per via i propri averi e le proprie ricchezze non è affatto riferito ai beni materiali, quella è solo una metafora che indica invece lo spogliarsi della ricchezza interiore di conoscenza, di nozioni, di cultura acquisita, di idee preconcette, di immagini, di pensieri mentali, di pregiudizi, di schemi. In una parola? Umiltà! Ricordate il famoso detto zen “Vuotare la propria tazza”?

   Alla luce di tutto questo preambolo, potrei ora io citare la mia formazione scolastico-religiosa o mistico-spirituale? Certamente no. Non potrei se l’avessi avuta e non potrei se non l’avessi mai avuta. In entrambi i casi sarebbe un controsenso, un’espressione di vanità, un’ostensione di qualcosa che non ha nulla a che fare con la saggezza conquistata, con l’umiltà che guida, con la spiritualità vissuta, con la mistica percepita e agita.

   Alla luce di tutto questo, inoltre, se ora ti citassi gli studi seguiti, le scuole e i maestri frequentati, le letture fatte, le filosofie indagate e le mistiche sperimentate, cosa accenderei in te? Quale attenzione sveglierei in te nei miei confronti? Stai certo che la tua mente si farebbe una precisa immagine di me e del mio percorso esistenziale; in questo modo lei distinguerebbe il tuo essere dal mio separandoci come percorrenti due cammini differenti se pur simili. Avrei ottenuto un tuo beneficio interiore e spirituale? Avrei così contribuito al tuo progresso nella tua ricerca interiore? Certamente no. Non avrei fatto altro che autocelebrarmi per la soddisfazione perversa del mio stesso ego che contrapponendosi al tuo avrebbe solamente aumentato la distanza fra noi quand’essa deve invece solo essere diminuita. Scopo della ricerca interiore, scopo del cammino spirituale è tutt’altro che l’autoaffermazione, tutt’altro che la separazione e l’esaltazione di una parte a scapito di un’altra.

   L’attenzione che un vero mistico cerca da te è solamente quella che mette te stesso sul tuo cammino spirituale, sulla tua via, sul tuo percorso mistico; ogni altro scopo è da considerarsi perverso ed egoico, non interiore, non conforme alla spiritualità autentica.

  Non è difficile riconoscere un cammino realmente spirituale da uno contraffatto. Ci sono due modi solamente per esprimere le faccende dello spirito: il primo mediante l’uso di termini logici, ben scelti, sintetici, tecnici, riservati a chi possiede una certa cultura e una buona conoscenza dell’argomento trattato; ad esempio, potrei parlare dell’attuale tendenza sociale all’autoaffermazione dell’individuo, additando al contempo a un crescente antropocentrismo tendente all’edonismo più sfrenato.

  Oppure potrei usare un secondo modo di esprimermi, rivolto a tutti quelli che possono udirmi, rivolto anche a chi non conosce l’argomento e non ha nessuna cultura in materia; allora potrei esprimere lo stesso concetto dicendo che la cultura moderna tende eccessivamente a mettere l’uomo e la materialità al centro di ogni interesse umano.

   Sono due modi differenti di indicare la medesima idea; nel primo non voglio farmi capire da tutti, ma solo da chi è come me, da chi ha già fatto un certo percorso culturale e, quindi, io non desidero mescolarmi con altri che di tutto ciò non sanno nulla; ovvero sono esclusivo, vanitoso, altezzoso, tronfio, pieno di me e della mia cultura, dei miei bei termini altisonanti mediante i quali identifico me, la mia posizione sociale; termini tecnici coi quali definisco la mia distanza da chi non è come me ma inferiore per conoscenze; così da essi mi differenzio e distinguo per conoscenza acquisita. Nel secondo caso ho cura e ho a cuore ogni essere, anche il più umile, ma che mostri interesse per la propria interiorità, per le faccende dello spirito; così, a lui e a tutti parlerò solo con parole semplici, farò cioè in modo che possano comprendermi.

   Significa che quando parlerò lo farò solamente per diffondere una coscienza più elevata e comprensiva, non per essere apprezzato, lodato, ammirato, glorificato. Significa che quando parlerò il mio unico scopo sarà il progresso interiore di chi ascolta e null’altro che questo.

  Per ricondurci un po’ di più al titolo dell’argomento, soprattutto al sottotitolo che recita fra le altre “Hai delle referenze da mostrare?”, sento di dover specificare meglio che nel cammino spirituale di ricerca interiore non possiamo comportarci usando gli stessi parametri e gli stessi valori di riferimento che useremmo in ambiente scolastico o culturale; in ambito spirituale i termini di paragone non solo sarebbero totalmente differenti ma sono addirittura da ignorare in quanto dannosi alla ricerca interiore; in ultima analisi,  addirittura, non esistono proprio termini di paragone. Così qui non ci stiamo differenziando per l’uso di un diverso linguaggio espressivo, stiamo solamente cercando di usare quello appropriato per l’ambiente nel quale ci troviamo, ovvero, l’essere umano nel suo desiderio di comprensione interiore.

   Oltre ciò, tutto è corretto, tutto è così come dev’essere, impeccabilmente. L’essenziale è sempre davanti agli occhi di chi lo desidera guardare, conquistare.



19 dic 2020                         Claudio Panicali

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