Tyn si chiese spesso
la ragione della vita e dell’esistenza in questo mondo. Una volta trovata la
ragione della sua vita e di quella di tutti, ebbe pace. Stamani, però, si svegliò
con una percezione nuova. La ragione di questa esistenza terrena era oramai
chiara: la redenzione, il progresso interiore, l’evoluzione spirituale, quindi
l’ascensione ad una più alta coscienza. Che sia la sua Coscienza o quella degli
altri, una singola Coscienza o la collettività di tutte unite, non fa nessuna
differenza o distinzione per lui.
Qui, nella verde pianura, nella quinta stagione, le domande sono davvero poche e leggerissime, volano via al primo zefiro. Provò a guardare allora se si intravedesse all’orizzonte un significato anche a quella forma di esistenza superiore, a qualla più elevata Coscienza; lo fece con molta delicatezza e rispetto, con la reverenza che spetta al sacro. Ma subito si rese conto che non si poteva guardare lì. Non che fosse vietato, ne’ impossibile, solamente che il rispetto non lo permetteva. Considerò: “E’ bene che ci sia un rispetto, un confine, probabilmente è solo momentaneo, ma è giusta prova di abbandono di ogni forma d’identità, di ogni forma d’arroganza”. L’accettò ben volentieri e si disse: “Ecco cos’era quella mela sull’albero della conoscenza del bene e del male! Ecco dove stava il peccato originale! Nell’arroganza umana, nel credersi padroni d’ogni cosa e d’ogni territorio per il solo fatto d’esser lì presenti! Nel possedere un ego già tale da impedirgli d’accettare una volontà superiore, un’entità suprema o una coscienza esente dalla volontà, dall’io voglio”.
Qui, nella verde pianura, nella quinta stagione, le domande sono davvero poche e leggerissime, volano via al primo zefiro. Provò a guardare allora se si intravedesse all’orizzonte un significato anche a quella forma di esistenza superiore, a qualla più elevata Coscienza; lo fece con molta delicatezza e rispetto, con la reverenza che spetta al sacro. Ma subito si rese conto che non si poteva guardare lì. Non che fosse vietato, ne’ impossibile, solamente che il rispetto non lo permetteva. Considerò: “E’ bene che ci sia un rispetto, un confine, probabilmente è solo momentaneo, ma è giusta prova di abbandono di ogni forma d’identità, di ogni forma d’arroganza”. L’accettò ben volentieri e si disse: “Ecco cos’era quella mela sull’albero della conoscenza del bene e del male! Ecco dove stava il peccato originale! Nell’arroganza umana, nel credersi padroni d’ogni cosa e d’ogni territorio per il solo fatto d’esser lì presenti! Nel possedere un ego già tale da impedirgli d’accettare una volontà superiore, un’entità suprema o una coscienza esente dalla volontà, dall’io voglio”.
04/07/2019 Claudio Panicali
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